logo_cfoDopo la pubblicazione delle due interviste a noti commercianti filatelici italiani, realizzate da Stefano Cosenz, sono pervenuti in redazione alcuni commenti che abbiamo puntualmente pubblicato ed alcune lettere di collezionisti, trasmesse anche da Associazioni filateliche e dal Club della filatelia d’oro italiana. Ne pubblichiamo una per dare voce ai tanti appassionati che non hanno il “problema” di investire in filatelia, ma che vedono le loro collezioni ed i loro sforzi finanziari, avviliti ed umiliati.
“Con immenso piacere ho letto su “QUI FILATELIA “ n° 60, l’impegno profuso dal Club della Filatelia d’oro per la salvaguardia del collezionismo filatelico ed il parere che la filatelia vada rifondata, indicando l’invito a tutti gli operatori filatelici e associazioni a non usare il termine “INVESTIMENTO FILATELICO. Io colleziono francobolli sin dalle elementari e tuttora a 75 anni continuo sempre a coltivare la mia passione acquistando francobolli, ma penso che sia ora dì fermarsi. Ho iniziato a collezionare ITALIA REGNO USATI, arrivato profugo in Italia dall’Istria nel 1949 ho continuato sino al completamento della collezione, senza i servizi che allora non mi piacevano, mi ricordo che ogni settimana prendevo il battello e andavo a Venezia a comperare francobolli. Giravo per i vari negozi in cerca dì ciò che mi mancava, ricordo Paties, Cecconi in Spadaria, Degani a San Marco e mi ricordo che loro mi ricompravano anche francobolli acquistati prima nei loro negozi, in particolare i nuovi che non mi interessavano più. Ricordo la serietà dei commercianti di allora, a fronte della spregiudicatezza della maggioranza di essi oggi. Voglio accennare ad un fatto che mi ha colpito: nel 2002 ho perso un caro amico collezionista, sua moglie mi ha pregato di vedere tutti i francobolli lasciati dal marito e io per quantificare il tutto in due settimane ho fatto un inventario, ne é scaturita la somma di circa 180 milioni di lire. Decidemmo dì andare a Veronafil in Fiera, per vedere cosa sì poteva realizzare. Abbiamo girato decine di banchi: l’offerta massima era del 7% del valore … ben si intende di catalogo. La vedova a malincuore ha ceduto il tutto il materiale era valido: a questo punto ero tentato dì fare io un’offerta, ma non volevo fare una brutta figura. Dopo il Regno ho iniziato a collezionare Italia Repubblica, completa del Gronchi usato ricoperto su busta viaggiata raccomandata in Italia, poi ho iniziato a collezionare francobolli usati e buste primo giorno Europa CEPT, compresi i foglietti su bustoni; pensare che nel 1976 il Man lo ho pagato 47.000 mila e il Guernsey a 40.000 mila. Contemporaneamente ho iniziato a raccogliere le FDC Venetia di Italia, San Marino,Vaticano, e lo SMOM. Ho completato le collezioni di Trieste A/B e Litorale sloveno. Per quanto riguarda le FDC, nel 1990 ho interrotto l’abbonamento. Nel 1996 ho iniziato a collezionare storia postale dell’AMG/VG, Litorale Sloveno e l’occupazione Yugoslava di Fiume Trieste e Pola. Queste 2 collezioni mi hanno dato moltissime soddisfazioni arricchendole sempre di nuovi documenti, mi hanno permesso di partecipare a varie esposizioni a concorso, la prima fu nel 2004 a Zagabria dove subito ho preso il vermeil. In tutta la mia vita filatelica non ho mai venduto alcun francobollo anche se doppio. Ora avendo una quantità di materiale per il quale non trovo neanche spazi adeguati, ho scritto ad una Ditta di Roma che si definisce un “grande emporio”. Mi hanno riposto: “Le FDC non ci interessano nemmeno al facciale, e nemmeno i giri CEPT; per il rimanente materiale non facciamo una valutazione per non mortificarla”. Eppure alle loro aste ho acquistato moltissimo materiale filatelico di questo genere che loro dunque vendono … ma non comprano. Ho provato con un’altra Ditta, ma la risposta è stata molto simile. Io dico: possibile che in 30 anni di emissioni non vi sia nulla di interessante? Ho raccolto quindi solo carta straccia? Nello scrivere questa lettera penso alle migliaia dì collezionisti che si trovano nelle mie condizioni: altro che investimento, dopo anni non si riesce neanche a riprendere le spese. Sono molto perplesso: diamo la colpa alla crisi, ma la correttezza esiste? Proprio il mese scorso un carissimo amico, nonostante il mio parere contrario, ha acquistato tramite internet un mucchio di buste delle colonie che sono risultate … tutte false! Insomma il collezionista come prima preoccupazione deve avere quella di districarsi tra proposte di materiale inutile pompato con tanto di pubblicità e offerto a prezzi irreali (che al momento della vendita come per incanto non vale più nulla: “compri oro e vendi piombo”), poi quella di salvarsi da imbrogli e truffe, altro che investimento! Io non mi diverto più.”
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La lettera finisce così. Si colgono molti elementi di riflessione, primo fra tutti l’enorme forbice tra prezzi di vendita e prezzi di acquisto praticati dai commercianti, che sono esito anche dei prezzi di catalogo spesso non aderenti alla realtà. Paradossalmente un prezzo di catalogo triplo o quadruplo rispetto alla realtà, finisce per favorire solo gli operatori professionali che “impugnano questa forbice”, facendo valere eccessivamente le ragioni del ricavo aziendale. A tal proposito pubblichiamo una corrispondenza del 14.3.1954 (vedi foto) tra un commerciante e un collezionista dove si legge:
“Sig. Volpi, 1 (serie) GNR posta ordinaria Verona completa di venti valori, firmata Oliva, Sassone, Raybaudi e Ceruti. Catalogo 18.000 (ingrosso 17.500) netto Lire 17.000. Carlo Ceruti” Anche a voler considerare con una certa “ragionevole riserva” le dichiarazioni del noto commerciante, la lettera comprova un diverso modo di commerciare i francobolli ed un loro reale “valore intrinseco”, dato dalla sostenuta richiesta di mercato, ben diversa da quello odierno. Ma indicano anche un diverso approccio dell’operatore professionale che a fronte di un mercato molto dinamico limitava il suo guadagno sull’operazione, ma lo “moltiplicava” per la quantità di operazioni commerciali concluse. Ma a parte la crisi del settore, oggi nessun operatore vuole guadagnare 1000 volte “1”, bensì una volta “1000” e nessuno investe in un possibile futuro di sviluppo: è la premessa della fine di questo mercato e di questo ambito culturale. Si evidenzia quindi una situazione molto complessa che spacca il mercato: da una parte i grandi collezionisti vero “obiettivo” del mercato, che giocano una partita (pericolosa) tra rarità vere o presunte, e dall’altra i piccoli appassionati che pagano il “tributo giornaliero” alla confusione che i cataloghi ingenerano in tutti, tranne che in chi li pubblica … a quanto pare. Ma la lettera evidenzia chiaramente anche un problema legato al “tipo” di collezione che si intraprende. E non stupisce che molti collezionisti mal consigliati, continuino a raccogliere materiali insignificanti che nascono già inflazionati e solo per una funzione commerciale (veri gadget) e non collezionistico culturale. L’impressione finale è che il mondo della filatelia sta perdendo la “base”, e che dovrebbe interrogarsi sui veri problemi e non auto incensarsi e auto approvarsi: l’orchestrina continua a suonare ma il Titanic sta affondando.

Commenti

Commento inviato il 15 Novembre, 2010 alle 19:31

solo una precisazione: il valore presunto di questa collezione ammontava a 180 milioni , ripeto milioni ?
Grazie.


Commento inviato il 16 Novembre, 2010 alle 14:33

Si, confermiamo che si trattava di 180 milioni di lire di valore di catalogo.


Commento inviato il 22 Novembre, 2010 alle 10:22

[…] Investimenti e filatelia: la parola ai collezionisti … ed ai commercianti di una volta, comunicato stampa a cura di Claudio Manzati in flash news […]


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